Il governo Monti tra sfide interne ed internazionali

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Il governo Monti tra sfide interne ed internazionali

SCdM
Pubblicato da SCdM in Economia e Finanza · 30 Novembre 2011
Tra pochi giorni verrà presentata la manovra del nuovo governo Monti. Finora, abbiamo avuto solo le indicazioni sulle linee guida – rigore, crescita e equità – condizioni necessarie non solo per rispondere al meglio allo stato di crisi ma anche per avere il sostegno di una maggioranza molto ampia ma anche con posizioni distanti nel rispetto dei programmi dei singoli partiti.

Le manovre economiche e le altre riforme sono necessarie per riconquistare la credibilità finanziaria e politica nei confronti dei mercati e riportare i differenziali di rendimento dei titoli di Stato a livelli sostenibili e sono la premessa perché l’Italia possa avere un ruolo attivo e decisivo nella vera partita che può e deve portare a un’effettiva soluzione della crisi finanziaria, quella che si gioca sul piano internazionale e che riguarda certamente l’Europa ma anche i rapporti con le altre grandi potenze economiche mondiali anche esse coinvolte nella crisi, come gli Stati Uniti, o che potrebbero essere coinvolte nella stessa, come la Cina e le economie emergenti.

In effetti, la crisi in atto è sistemica è come tale non può essere risolta se non con il concorso attivo e positivo di tutti i principali soggetti economici ed istituzionali che possa portare in tempi rapidi alla definizione di nuovi assetti che siano in grado di realizzare un vero progetto di Europa unita e di rispondere al meglio alle nuove logiche della globalizzazione e della nuova competizione internazionale.
Su questo piano, la grande questione è il modo in cui la Germania intende porsi rispetto alle necessarie soluzioni della crisi. Fino ad ora il Governo Merkel ed anche autorevoli esponenti del mondo finanziario tedesco hanno mostrato un atteggiamento molto protettivo degli interessi nazionali, forse anche nella speranza, un po’ da rigurgito pangermanista, di ottenere dei vantaggi giocando sulle difficoltà degli altri. E, tuttavia, questa politica, magari alimentata da sentimenti anti-euro dei paesi meno virtuosi, sarebbe del tutto suicida in un contesto sempre più interdipendente come quello delle economie contemporanee. La Germania ha certamente ragione nel richiedere a tutti i paesi dell’eurozona comportamenti virtuosi e compatibili con la possibilità di un’effettiva integrazione non solo monetaria ma anche fiscale e finanziaria che possa poi favorire strumenti di debito pubblico comuni.

Tuttavia, la Germania deve capire che ogni posizione eccessivamente egocentrica innescherebbe conseguenze drammatiche non solo sul piano economico ma anche politico, come il passato ci ha già dimostrato. E la Germania deve ricordare che la sua integrazione nazionale e l’attuazione all’euro delle logiche di governo del marco sono state pagate da tutto il resto dell’Europa che accettò: la parità a 1 tra Germania dell’Ovest e dell’Est, i costi della ricostruzione dell’ex Germania dell’Est, la politica antinflazionistica e restrittiva della BCE anche in momenti di minore crescita. Così, come deve ricordare la decisione della Germania di derogare al patto di stabilità quando ritenne necessario farlo per i propri equilibri interni.
Per questo credo che la Germania, pur mantenendo ferma la barra verso l’obiettivo del risanamento economico e finanziario, deve dimostrare una vera capacità di leadership europea mostrandosi più aperta alla soluzione dei problemi dei paesi in difficoltà al fine di garantire la stabilità di tutto il sistema europeo.


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