"I problemi dell'Italia sono soprattutto strutturali", Il Riformista intervista Stefano Cordero di Montezemolo

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"I problemi dell'Italia sono soprattutto strutturali", Il Riformista intervista Stefano Cordero di Montezemolo

SCdM
Pubblicato da News & Press in Economia e Finanza · 1 Marzo 2012
"I problemi dell'Italia sono soprattutto strutturali"
Intervista a Stefano Cordero di Montezemolo
Il Riformista, Prima Pagina, 1 marzo 2012
di Frabrizio Amadori

“Se ci fosse una demarcazione netta tra le banche di investimento e le banche di credito sarebbe un bene per tutti”. Stefano Cordero di Montezemolo, Academic Director della European School of Economics e presidente di Aimba e di Projectland, interviene sulla situazione italiana e il rapporto con gli istituti di credito.

Oggi si parla tanto dell'Italia e delle sue difficoltà. Crede che tali difficoltà siano soprattutto strutturali?
I problemi sono soprattutto strutturali: economici, istituzionali e sociali. Economici, perché l'Italia, entrando nell'euro e confrontandosi con una competizione globale, non ha fatto le trasformazioni necessarie: incidere su i fattori critici di successo, che vuol dire più qualità, innovazione ed efficacia nelle attività imprenditoriali, più efficienza, qualità e quantità nelle infrastrutture e nelle attività burocratiche. Istituzionali perché il sistema politico-amministrativo italiano mostra di non essere adeguato per i tempi di decisione e per una classe dirigente non formata alle logiche della moderna competizione economica e geopolitica. Sociali perché in Italia esistono crescenti contrapposizioni nel nostro tessuto sociale: giovani contro anziani, occupati contro disoccupati e, infine, Nord contro Sud.

Se potesse dare un consiglio a Monti, nella seconda fase lei cosa proporrebbe di fare?
Sicuramente bisogna partire da un programma di abbattimento strutturale del debito pubblico, mediante un processo di progressiva alienazione dei beni pubblici non strumentali alle loro attività, come il patrimonio immobiliare. È necessario valorizzare al meglio anche tutti i beni d’interesse pubblico, come quelli storici e artistici e anche quelli demaniali che, in molti casi, vengono utilizzati da terzi in forma privatistica e a condizioni “ridicole”. Inoltre, va fatta una seria riforma del mercato del lavoro. Nel mondo globale e dell'Europa unita, la crescita richiede la capacità di attrarre gli investimenti internazionali: se un paese ha problemi come mercato del lavoro, giustizia e burocrazia non è attrattivo agli occhi di investitori stranieri. Occorre lavorare sulla giustizia, partendo con l’istituzione del tribunale delle imprese, che mi sembra una buona idea. Il governo può fare molto sulla semplificazione delle procedure e su una maggiore utilizzazione delle moderne forme di gestione mediante l’uso della telematica e dei controlli preventivi basati sulle qualificazioni. Su questo, Monti si sta muovendo in una direzione utile a livello di principi, ma poi occorre avere le risorse e la voglia di applicarli.

Qual è il ruolo delle nostre banche nell'attuale situazione italiana?
Purtroppo le banche italiane, come ha detto il governatore della Banca d'Italia, non sostengono il sistema produttivo italiano e stanno utilizzando le risorse per mettersi a sistemare se stesse. E non è possibile costringerle a fare altrimenti perché non ci sono autorità in grado di determinarne la politica di finanziamento. In questa fase, le banche ricevono fondi dalla BCE all'1 per cento e comprano titoli di stato al 5-6 per cento per garantirsi un adeguato margine economico, mentre stanno chiedendo il rientro a tante aziende per avere la giusta liquidità richiesta dai parametri di stabilità patrimoniale. Comprare titoli di stato può essere un bene, ma questa è una crisi drammatica perché lega le banche ai governi. In questo gioco, le imprese rischiano di essere tagliate fuori e di non avere fonti di finanziamento alternative. Bisognerebbe imporre dei meccanismi di penalizzazione per le banche che non offrono soldi alle aziende. Non occorre aggiungere che se ci fosse una demarcazione netta tra le banche di investimento e le banche di credito sarebbe un bene per tutti.


Quanto pesa la lentezza dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione?

Pesa in una maniera enorme, è uno dei grandi problemi, stiamo parlando di un debito di 60-80 miliardi verso le imprese.Il debito dello Stato non solo è ingente, ma non può essere fattorizzato, cioè scontato. Lo Stato potrebbe allora concordare con le banche dei programmi per aziende creditrici interponendosi come garante o per facilitare dei finanziamenti, con il risultato che le imprese potrebbero ottenere il noto sconto fattura, dato che si suppone che il credito verso il pubblico sia più certo rispetto a quello verso il privato.



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