"Ma Galli Della Loggia dov'era in questi vent'anni?", Marco Alfieri, Linkiesta, 20 ottobre 2013

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"Ma Galli Della Loggia dov'era in questi vent'anni?", Marco Alfieri, Linkiesta, 20 ottobre 2013

SCdM
Pubblicato da News & Press in Idee e Opinioni · 21 Ottobre 2013

Di seguito si riporta l'articolo di Marco Alfieri pubblicato da Linkiesta, perchè si rietiene che i suoi contenuti siano del tutto condivisibili e coerenti con le note di commento apparse su questo blog all'articolo di Galli Della Loggia su Il Corriere della Sera, sebbene si sia privilegiato più il contenuto del j'accuse al profilo di chi l'ha fatto.

Tuttavia, come detto in quelle note, tutta la classe dirigente che ha dis-governato il nostro paese in questi decenni dovrebbe essere rimossa e pensionata, anche gli intellettuali che, spesso, hanno oscillato tra molte posizioni favorendo la mancanza di coerenza e di responsabilità della nostra classe dirigente.
E questo vale, soprattutto, per chi ha beneficiato del ruolo di opinionista su un giornale che è stato letteralmente "massacrato" da azionisti e manager che ne hanno dissestato le finanze con acquisizioni folli e con scelte industriali sbagliate e che si sono distinti più per la voglia di potere che per la capacità di conduzione editoriale.
E per chi è stato, in qualità di rettore dell'Università Scienza e Vita, vicino a don Luigi Verzè che, al di là dei meriti relativi alla istituzione del San Raffaele, ha ampiamente dimostrato di appartenere alla classe dirigente che ha ci ha dis-governato per quanto riguarda la sua gestione amministrativa, il suo senso di potere e la sua collusione con rilevanti vicende giudiziarie.
Diciamola così...nel rispetto delle sue effettive capacità intelletuali e storiche, speriamo che con il suo articolo Galli Della Loggia abbia voluto dissociarsi dagli errori di coloro che in questi anni sono stati i suoi committenti e ha preteso rivendicare a pieno titolo il suo ruolo di intellettuale indipendente che ha il coraggio di dire le cose sgradevoli anche per coloro che gli consentono di scriverle.
E se possibile, con questo articolo Galli Della Loggia abbia inteso fare una sorta di "testamento intellettuale" prima che lasci il posto ad altri opinionisti che da tempo hanno detto le cose che lui ha scritto solo ora e che hanno fatto critiche puntuali alla classe dirigente con cui lui si è associato per molto tempo.

Altrimenti, si deve pensare che l'articolo di Galli Della Loggia sia stato promosso proprio dai suoi committenti per affermare uno dei tratti caratteristici della classe dirigente del nostro paese: che la responsabilità è sempre di altri, che si critica bene per poi razzolare male e che, avendo il controllo dei mezzi di informazione, si ha sempre la possibilità di mettersi dalla parte del "nuovo" nella speranza di continuare a comandare e a dis-governare il nostro paese.

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Ma Galli Della Loggia dov'era in questi vent'anni?
Marco Alfieri, Linkiesta, 20 ottobre 2013

Questa mattina Ernesto Galli Della Loggia denuncia in un lunghissimo fondo disfattista e meditabondo sul Corriere della Sera la deriva di un paese a pezzi, anzi fermo, dal potere vuoto perchè è la sua classe dirigente la prima responsabile di questo sfacelo. E badate: Galli della Loggia, giustamente, tira in ballo tutta la classe dirigente di questo paese, non solo la politica ma anche capitalisti e imprenditori, gli accademici, il mondo della cultura e delle professioni, i magistrati, gli insegnanti, gli alti burocrati. (Quasi) nessuno escluso. Facendo coincidere la deriva italiana con il triennio '91-'94 (quando non solo finisce la prima repubblica ma "la nazione del novecento"), senza che, appunto, in questi ultimi venti anni, nessuno sia stato in grado di raddrizzare la barca. Segue poi lungo elenco dei deficit nazionali: industria, finanza, scuola, lavoro, pubblica amministrazione, tasse e spesa pubblica, meritocrazia inesistente e, ovviamente, la politica, di cui le ultime larghe intese non sono che il riassunto finale, impotente, sterile, litigioso, nonostante la buona volontà del Presidente della Repubblica. Insomma è la fotografia del fallimento di una intera classe dirigente.

L'analisi impietosa di Galli Della Loggia è sicuramente, almeno in parte, condivisibile, seppure eccessivamente cupa (fa sorridere il fatto che 10 pagine avanti il Corriere pubblichi l'anticipazione del nuovo libro di Aldo Cazzullo il cui titolo è: "basta piangere".) Peccato abbia almeno tre grosse controindicazioni che l'illustre autore si dimentica di ricordare.
Uno. Nel suo lungo articolo non c'è un solo nome a sostegno della tesi che espone. Un solo nome di capitalista-imprenditore, un solo nome di banchiere, un solo nome di finanziere, di barone universitario, un solo nome di burocrate etc etc simbolo di questo tracollo. Si vola alti senza mai entrare nel merito. Troppo facile sparare nel mucchio così.
Due. Molte delle cose che denuncia si annidano e si sono annidate per anni e anni al piano di sopra del giornale per cui scrive da tempo immemore: l'intreccio oligopolista, il salotto buono, lo scambio incestuoso tra banche e industria, insomma un vero trionfo di classe dirigente che viene meno al proprio ruolo civile. Niente da dichiarare sul punto, Galli Della Loggia?

Tre. Lo stesso Galli, i commentatori e le grandi firme dei giornali sono parte integrante della classe dirigente che il professore denuncia stamattina. Dove sono stati, dov'è stato Galli Della Loggia in questi vent'anni? Quale gente ha frequentato? Troppo facile rivendicare il ruolo pomposo di sentinella della democrazia, la valenza culturale di giornali e intellettuali e poi tirarsene fuori quando si stilano i bilanci e i flop di un paese. Se si è classe dirigente, si è classe dirigente sempre.

Infine, da un intellettuale che scrive sul Corriere da quando avevamo i pantaloncini corti, e che nella vita professionale ne ha viste e vissute sicuramente tante, ci saremmo aspettati almeno un filo di autocritica. Se non proprio una chiamata di responsabilità in solido da parte di una generazione che ha consegnato ai propri figli un paese peggiore di come lo hanno ereditato dai loro. Altrimenti dipingere scenari foschi e apocalittici è solo l'altra faccia di un cinismo da combattere.



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