"La finanza senza regole è la zavorra sulla ripresa." Simon Johnson, Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2013

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"La finanza senza regole è la zavorra sulla ripresa." Simon Johnson, Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2013

SCdM
Pubblicato da Il Sole 24 Ore in Economia e Finanza · 29 Luglio 2013

La finanza senza regole è la zavorra sulla ripresa
Simon Johnson, Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2013

A distanza di quasi cinque anni dalla peggiore crisi finanziaria dopo gli anni '30, e a distanza di tre anni dalla promulgazione negli Stati Uniti delle riforme finanziarie note come "legge Dodd-Frank", tutti si pongono una domanda: perché si sono fatti così pochi passi avanti?
Erano state promesse nuove regole, ma sono poche quelle effettivamente applicate. La Volcker Rule (la limitazione dell'attività di compravendita titoli in proprio da parte delle banche) ancora non c'è, le regole per i derivati restano in via di elaborazione e non è stato fatto nessun intervento sui fondi monetari.
M a c'è di peggio: le nostre banche più grandi sono diventate ancora più grandi e nulla sembra indicare che abbiano abbandonato quel tipo di struttura di incentivi che incoraggia eccessive assunzioni di rischio. E le grandi distorsioni provocate dalle banche "troppo grandi per fallire" incombono minacciose su molte economie.
Ci sono tre spiegazioni possibili per questo stallo. Una è che la riforma finanziaria è una faccenda complicata per sua stessa natura. La seconda spiegazione si incentra sul conflitto tra enti con sovrapposizione di competenze, all'interno dei Paesi e a livello internazionale. Anche in questa spiegazione c'è una parte di verità, ma abbiamo visto esempi di coordinamento approfondito anche sugli argomenti più complessi, per esempio su quanto capitale proprio devono avere le grandi banche, o su come gestire l'eventuale fallimento di una di esse.
Il che lascia in campo l'ultima spiegazione: le autorità cui tocca riformare il settore finanziario in realtà non vogliono progressi rapidi. Sia negli Usa che in Europa, i leader politici sono attanagliati da una paura che prevale su tutto il resto, che le loro economie possano tornare in recessione o peggio ancora. Le grandi banche giocano su questa paura sostenendo che con la riforma non riuscirebbero più a fare profitti e non sarebbero più in condizione di prestare denaro.
Ma questo è un errore grave, fondato sull'incapacità di capire quanto danno possano arrecare le grandi banche all'economia. Requisiti di capitale proprio più elevati, ad esempio, obbligano le banche a finanziarsi con più capitale e meno debito, e questo le rende più sicure perché possono assorbire meglio le perdite e corrono meno rischi di diventare "banche zombie" (che prestano in modo scriteriato).
Le banche sostengono che requisiti di capitale proprio più alti e altre regole faranno aumentare il costo del credito. Ma non c'è nessun segnale di effetti di questo genere: lo ha fatto notare la Fed nel rapporto sulla politica monetaria presentato al Congresso la scorsa settimana. Peccato che gran parte di questi profitti vengano dalla compravendita di titoli, il genere di attività ad alto rischio che aveva messo nei guai gli istituti di credito prima della crisi finanziaria del 2008. Per capire perché è un problema, pensate a cosa succede quando comprate una casa con un anticipo del 5% soltanto. Se i prezzi delle case salgono, realizzate un buon rendimento sul vostro capitale (un rendimento migliore che se aveste versato un anticipo del 20%). Ma se i prezzi scendono, il vostro capitale in pratica viene spazzato via.
Requisiti di capitale proprio più alti per le banche sono un bene per l'economia in generale, perché rendono le crisi finanziarie (e la sindrome zombie) meno probabili. Le banche americane in questo momento hanno più capitale proprio rispetto a prima della crisi finanziaria, e se la stanno cavando bene. Ma non dobbiamo abbassare la guardia, perché potrebbero trovare un modo nuovo e creativo per tornare a gonfiarsi a dismisura: ecco perché la Volcker Rule, la riforma dei derivati e l'introduzione di nuove regole per i fondi monetari sono importanti. E i requisiti di capitale per le società finanziarie grandi e di rilevanza sistemica restano troppo bassi.
Gli ultimi segnali indicano che le autorità americane finalmente cominciano a focalizzare l'attenzione su questo punto. Molte banche europee, però, hanno livelli di capitale proprio inferiori a quelli delle banche americane, e questo significa che rimane in piedi una fonte importante di vulnerabilità. Per una ripresa con basi solide in Europa è necessario che le banche accrescano la dotazione di capitale proprio. Sfortunatamente, non sembra che le autorità europee abbiano acquisito consapevolezza del problema. Gli alti funzionari nel Vecchio continente pensano e parlano come pensavano e parlavano quelli americani tre anni fa. Hanno paura di scuotere la barca del settore finanziario e rifiutano di premere per un innalzamento dei requisiti di capitale proprio. È un errore di cui potrebbero (forse potremmo tutti) pentirsi.

Simon Johnson è docente alla Sloan School of Management del Mit(Traduzione di Fabio Galimberti)



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