A BUON RENDERE: Quello che si poteva capire e prevedere...e che si può continuare a prevedere

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A BUON RENDERE: Quello che si poteva capire e prevedere...e che si può continuare a prevedere

SCdM
Pubblicato da SCdM in Politica e Società · 2 Marzo 2013
Come si può leggere nel post in allegato (https://www.scdm.net/blog/index.php?id=jk9u3i24), il 30 gennaio scorso su questo blog fu scritto un articolo che prevedeva quello che poi si è realizzato alle ultime elezioni: un risultato che porta alla sconfitta delle forze politiche tradizionali ed un quadro politico senza una chiara maggioranza di governo.

In effetti, il risultato delle elezioni era più prevedibile di quello che appare ora per come viene mostrato dallo "stordimento" di molti politici e commentatori. Era nella logica delle cose per come le stesse si realizzano nel rispetto dei principi che governano il funzionamenro e l'evoluzione della realtà. E tuttavia, per capire e prevedere tutto ciò ci sarebbe stato bisogno di un'interpretazione della realtà senza pregiudizi, preconcetti e visioni d'interesse ma finalizzata a comprendere l'essenza propria dei fenomeni che la caratterizzano.

Questa è la condizione propria della concezione liberale che va ben al di là di ciò che riguarda le tematiche del mercato, degli interessi e valori individuali, degli assetti istituzionali ma deve tenere conto soprattutto del modo in cui si interpreta e si gestisce la realtà liberati da ogni pregiudizio schematico o dogmatico.
E la scarsa capacità di prevedere il risultato delle elezioni e i possibili futuri scenari dimostra come sia largamente assente nel nostro sistema politico e culturale la vera e profonda visione liberale.

Al di là di queste riflessioni di ordine culturale, la proposta che veniva fatta alla fine di gennaio - prevedendo il risultato che poi abbiamo avuto - rimarrebbe ancora valida e potrebbe essere una soluzione con cui le forze politiche principali di Centrosinistra e Centrodestra possono uscire dal loro pantano e da quello in cui rischiano di far sprofondare il nostro paese qualora pretendano di affrontare il tema della governabilità solo nel rispetto del loro mero interesse di parte.
E anche per provare a contrastare l'onda del Movimento 5 Stelle che si è affermato più per l'immobilismo, il conservatorismo e l'opportunismo delle forze politiche che ci hanno governato in questi due decenni che per la crisi economica attuale a cui non sembra che M5S sia in grado di dare delle vere risposte di sistema se non quella di prefigurare una "decrescita felice" che non può essere né capita né condivisa dalla maggioranza degli italiani e che, comunque, potrebbe dare delle risposte solo nel lungo termine mentre gli italiani hanno bisogno di soluzioni più immediate ed urgenti.

La proposta formulata allora - con l'indicazione di Emma Bonino per un governo di riforme e di risanamento economico, morale ed istituzionale con la partecipazione diretta ed attiva delle migliori personalità politiche di entrambi gli schieramenti - si fa fatica a pensare che verrà perseguita se si tiene conto delle prime reazioni delle forze politiche di Centrodestra e Centrosinistra dopo le elezioni e anche tenendo conto di come l'attuale Presidente della Repubblica ha inteso governare la situazione politica italiana negli ultimi due anni e mezzo, dopo l'uscita di Fini dal governo Berlusconi in avanti, che ha largamente contribuito all'ascenza di Grillo e del suo movimento.
Così come è difficile pensare che forze politiche così prive di un'effettiva cultura liberale e così poco radicate nella tradizione politica europea ma caratterizzate solo da contenuti personalistici, trasformistici, di mera gestione del potere e di tutela di interessi costituiti possano avere la forza per dare vita ad un governo di questo tipo.

Tuttavia, non dobbiamo sempre disperare e, talvolta, per la legge del contrappasso che segna i processi di evoluzione della storia, l'istinto di sopravvivenza e la forza della necessità (più che della volontà) possono anche portare ad un cambio di logica e alla presa di coscienza che o si esce dallo schema costituito oppure queste forze politiche verranno travolte e le conseguenze per loro potranno anche essere ben peggiori di quelle di dover fare alcuni passi indietro e dover rinunciare alla gestiore diretta del potere per affidarlo a chi può avere più credibilità per farlo, anche all'interno dei loro stessi schieramenti (liberandoci però dai "puffi della politica" che ancora in questi giorni fanno esternazioni deliranti convinti ancora di avere un ruolo politico e dimostrando di non avere capito di essere fuori dal corso della storia...ma anche della cronaca !!).

D'altra parte, così come M5S è un movimento fatto di tante persone che non sono strutturate secondo gli schemi partitici tradizionali, anche il Partito Democratico, per le sue originali contraddizioni e per la sua articolazione e mancata strutturazione potrebbe presto trasformarsi in un movimento formato da tante anime diverse che potrebbero decidere di giocarsi la partita politica in modo svicolato da un vertice sempre più delegittimato e potrebbero vedere un governo come quello indicato come l'unica speranza di salvezza del loro specifico ruolo politico.
A quel punto, anche il Popolo della Libertà ed il suo capo Berlusconi potrebbero capire che il risultato delle ultime elezioni è stato l'ultimo loro giro di giostra e che non si può confidare che possa durare nel tempo anche perchè prima o poi potrebbe nascere un movimento simile a M5S ma con istanze economiche e sociali più vicine da quelle rivendicate ma mai realizzate da Berlusconi & Co..
In questo caso, a gran parte del Centrodestra converrebbe di più partecipare ad un governo allargato ma di profondo rinnovamento economico ed istituzionale piuttosto che mettersi al di fuori e pensare che possa arrivare un tempo migliore che, invece, non ci potrà più essere perchè sono cambiate le logiche di fondo non solo del nostro sistema politico ma del mondo nel suo complesso.

Così come si può sperare che Napolitano possa capire che - così come fece il suo "sosia" Umberto I di Savoia che riconobbe il successo della repubblica sulla monarchia nonostante alcuni dubbi ed incertezze - non è più il tempo di difendere il potere costituito e tradizionale, ormai delegittimato e superato, o di farsi "tirare la giacca" dai suggerimenti e dalle richieste di qualche potentato nazionale e internazionale, ma è giunto il momento di uscire dagli schemi consolidati per rispondere in modo costruttivo e positivo a ciò che emerge dalla volontà popolare e alle nuove esigenze e logiche del nostro sistema economico, sociale e istituzionale.


In effetti, il risultato delle elezioni era più prevedibile di quello che appare ora per come viene mostrato dallo "stordimento" di molti politici e commentatori. Era nella logica delle cose per come le stesse si realizzano nel rispetto dei principi che governano il funzionamenro e l'evoluzione della realtà. E tuttavia, per capire e prevedere tutto ciò ci sarebbe stato bisogno di un'interpretazione della realtà senza pregiudizi, preconcetti e visioni d'interesse ma finalizzata a comprendere l'essenza propria dei fenomeni che la caratterizzano.


Questa è la condizione propria della concezione liberale che va ben al di là di ciò che riguarda le tematiche del mercato, degli interessi e valori individuali, degli assetti istituzionali ma deve tenere conto soprattutto del modo in cui si interpreta e si gestisce la realtà liberati da ogni pregiudizio schematico o dogmatico.

E la scarsa capacità di prevedere il risultato delle elezioni e i possibili futuri scenari dimostra come sia largamente assente nel nostro sistema politico e culturale la vera e profonda visione liberale.


Al di là di queste riflessioni di ordine culturale, la proposta che veniva fatta alla fine di gennaio - prevedendo il risultato che poi abbiamo avuto - rimarrebbe ancora valida e potrebbe essere una soluzione con cui le forze politiche principali di Centrosinistra e Centrodestra possono uscire dal loro pantano e da quello in cui rischiano di far sprofondare il nostro paese qualora pretendano di affrontare il tema della governabilità solo nel rispetto del loro mero interesse di parte.

E anche per provare a contrastare l'onda del Movimento 5 Stelle che si è affermato più per l'immobilismo, il conservatorismo e l'opportunismo delle forze politiche che ci hanno governato in questi due decenni che per la crisi economica attuale a cui non sembra che M5S sia in grado di dare delle vere risposte di sistema se non quella di prefigurare una "decrescita felice" che non può essere né capita né condivisa dalla maggioranza degli italiani e che, comunque, potrebbe dare delle risposte solo nel lungo termine mentre gli italiani hanno bisogno di soluzioni più immediate ed urgenti.


La proposta formulata allora - con l'indicazione di Emma Bonino per un governo di riforme e di risanamento economico, morale ed istituzionale con la partecipazione diretta ed attiva delle migliori personalità politiche di entrambi gli schieramenti - si fa fatica a pensare che verrà perseguita se si tiene conto delle prime reazioni delle forze politiche di Centrodestra e Centrosinistra dopo le elezioni e anche tenendo conto di come l'attuale Presidente della Repubblica ha inteso governare la situazione politica italiana negli ultimi due anni e mezzo, dopo l'uscita di Fini dal governo Berlusconi in avanti, che ha largamente contribuito all'ascenza di Grillo e del suo movimento.

Così come è difficile pensare che forze politiche così prive di un'effettiva cultura liberale e così poco radicate nella tradizione politica europea ma caratterizzate solo da contenuti personalistici, trasformistici, di mera gestione del potere e di tutela di interessi costituiti possano avere la forza per dare vita ad un governo di questo tipo.


Tuttavia, non dobbiamo sempre disperare e, talvolta, per la legge del contrappasso che segna i processi di evoluzione della storia, l'istinto di sopravvivenza e la forza della necessità (più che della volontà) possono anche portare ad un cambio di logica e alla presa di coscienza che o si esce dallo schema costituito oppure queste forze politiche verranno travolte e le conseguenze per loro potranno anche essere ben peggiori di quelle di dover fare alcuni passi indietro e dover rinunciare alla gestiore diretta del potere per affidarlo a chi può avere più credibilità per farlo, anche all'interno dei loro stessi schieramenti (liberandoci però dai "puffi della politica" che ancora in questi giorni fanno esternazioni deliranti convinti ancora di avere un ruolo politico e dimostrando di non avere capito di essere fuori dal corso della storia...ma anche della cronaca !!).


D'altra parte, così come M5S è un movimento fatto di tante persone che non sono strutturate secondo gli schemi partitici tradizionali, anche il Partito Democratico, per le sue originali contraddizioni e per la sua articolazione e mancata strutturazione potrebbe presto trasformarsi in un movimento formato da tante anime diverse che potrebbero decidere di giocarsi la partita politica in modo svicolato da un vertice sempre più delegittimato e potrebbero vedere un governo come quello indicato come l'unica speranza di salvezza del loro specifico ruolo politico.

A quel punto, anche il Popolo della Libertà ed il suo capo Berlusconi potrebbero capire che il risultato delle ultime elezioni è stato l'ultimo loro giro di giostra e che non si può confidare che possa durare nel tempo anche perchè prima o poi potrebbe nascere un movimento simile a M5S ma con istanze economiche e sociali più vicine da quelle rivendicate ma mai realizzate da Berlusconi & Co..

In questo caso, a gran parte del Centrodestra converrebbe di più partecipare ad un governo allargato ma di profondo rinnovamento economico ed istituzionale piuttosto che mettersi al di fuori e pensare che possa arrivare un tempo migliore che, invece, non ci potrà più essere perchè sono cambiate le logiche di fondo non solo del nostro sistema politico ma del mondo nel suo complesso.


Così come si può sperare che Napolitano possa capire che - così come fece il suo "sosia" Umberto I di Savoia che riconobbe il successo della repubblica sulla monarchia nonostante alcuni dubbi ed incertezze - non è più il tempo di difendere il potere costituito e tradizionale, ormai delegittimato e superato, o di farsi "tirare la giacca" dai suggerimenti e dalle richieste di qualche potentato nazionale e internazionale, ma è giunto il momento di uscire dagli schemi consolidati per rispondere in modo costruttivo e positivo a ciò che emerge dalla volontà popolare e alle nuove esigenze e logiche del nostro sistema economico, sociale e istituzionale.

Fonti di questo articolo:


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