A BUON RENDERE - Quello che si poteva dire sull'euro già nell'anno 2000.

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A BUON RENDERE - Quello che si poteva dire sull'euro già nell'anno 2000.

SCdM
Pubblicato da SCdM in Economia e Finanza · 2 Ottobre 2012

Alla luce delle vicende in atto in merito all'euro ed al dibattito sulle sue prospettive e sulle relative dinamiche politiche ed economiche, credo interessante riportare un brano del saggio "La pragmatica delle riforme istituzionali", scritto nell'anno 2000 all'interno della pubblicazione "Una costituente per le riforme", che dimostra come già allora fossero evidenti i limiti del progetto di moneta unica e del modo in cui alcuni paesi, tra cui l'Italia, abbiano deciso di entrarvi salvo poi, dopo un periodo di relativi vantaggi di natura puramente finanziaria, doverne pagare il prezzo come attualmente stiamo verificando.
Senza voler attribuirsi meriti postumi, credo che questo brano faccia intendere come una visione più libera da pregiudizi e interessi contingenti e fondata sulla conoscenza dei fondamentali dell'economia e della politica e sugli effettivi processi di funzionamento dei sistemi economici e sociali possa interpretare la realtà delle cose in modo più efficace al di là della retorica di una classe dirigente che ha preteso di affermare il valore salvifico dell'euro senza tuttavia mettere in campo tutte le necessarie riforme che avrebbero avuto la conseguenza di rimuovere gran parte dei loro privilegi e benefici ed meccanismi di governance economica ed istituzionale che hanno determinato e consolidato le loro posizioni di potere.

Da "La pragmatica delle riforme istituzionali", SCdM, pag. 98-99; da "Una costituente per le riforme", Edizioni Liberal, 2000:


<<La stessa entrata in Europa è stata gestita come una scorciatoia al cambiamento, senza interventi strutturali ma utilizzando al massimo le risorse e le logiche di funzionamento del sistema esistente. È vero che l’entrata dell’Italia in Europa potrebbe ridurre i rischi di un'implosione del nostro sistema politico. D’altra parte, l’integrazione europea, peraltro ancora in fase di avviamento, fa emergere ancora di più le debolezze dei sistemi politici tradizionali che caratterizzano anche altri paesi europei. Al momento attuale si può intravedere una minaccia che, se non gestita per tempo e in modo costruttivo può portare a conseguenze negative per gran parte dell’Europa. L'attuale situazione economica dell’Europa mostra alcuni dei limiti del processo di integrazione. La continua perdita di valore dell’euro contro il dollaro e lo yen può consentire, dopo molti anni di stagnazione, una significativa crescita dell’economia reale (comunque ancora inferiore a quella americana), ma mostra la preferenza degli operatori finanziari ad investire in altri sistemi economici ritenuti più interessanti e rivela la debolezza strutturale del nostro sistema socioeconomico. La conseguenza è la crescente divaricazione tra il sistema socioeconomico americano e quello europeo che, a medio termine, può portare ad una crisi del processo di integrazione europea o, più probabilmente, ad un consolidamento dell’UE intorno ai paesi più forti che hanno saputo più velocemente ed efficacemente ristrutturarsi nel rispetto delle mutate logiche economiche e sociali.>>


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