"Euristi" ed "euroici": le due vie per la salvezza dell'euro

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"Euristi" ed "euroici": le due vie per la salvezza dell'euro

SCdM
Pubblicato da SCdM in Economia e Finanza · 14 Dicembre 2012

Le vicende dell'euro e del processo di integrazione monetaria europea stanno sempre più portando a creare fazioni e contrapposizioni rispetto alle finalità e alle modalità con cui si ritiene che la moneta unica possa e debba essere un valore che giustifica le politiche promosse dai paesi aderenti all' Unione Monetaria Europea, soprattutto quelli che hanno maggiori necessità di risamento della finanza pubblica.

In questi termini, sono sempre più evidenti le contrapposizioni tra gli "eurosostenitori" e gli "euroscettici" (o, perfino, "eurodemolitori" nella misura in cui alcuni affermano la necessità di porre fine alla moneta unica).

E, tuttavia, credo che sia più interessante mettere in evidenza la differenza culturale e intellettuale che ci può e deve essere tra coloro che ritengono possibile la creazione di un'integrazione monetaria europea e che, tuttavia, interpretano questo progetto con visioni e con atteggiamenti completamente diversi che possono generare risultati opposti rispetto ad un apparente obiettivo comune.

Nel contesto attuale, da un lato ci sono quelli che si possono chiamare gli "euristi", termine con cui si vuole definire coloro che affermano il valore dell'euro in modo ideologico, che ne sostengono i fondamenti "a prescindere" come se l'opinione pubblica debba essere pienamente cosciente dei relativi vantaggi e che ritengono doverosi tutti gli sforzi necessari per il salvataggio ed il consolidamento della moneta unica senza indicare una chiara e comprensibile visione ed i costi e benefici dell'euro rispetto ad ipotesi monetarie alternative.
L'atteggiamento degli "euristi" sta diventando sempre più la causa delle perplessità e delle crescenti ostilità verso l'euro dell'opinione pubblica che vive la grave crisi economica e finanziaria ed i sacrifici richiesti senza una reale prospettiva e dovendo anche ascoltare i "peana" salvifici dell'euro senza adeguate argomentazioni e motivazioni.
Peraltro, gli "euristi" sono, in larga parte, coloro che nulla hanno fatto per intervenire sulla struttura del sistema bancario, rimuovendo le ragioni dei dissesti e delle perdite delle banche universali e limitando il loro eccessivo potere non solo economico ma anche politico che consente agli amministratori di queste entità di continuare a beneficiare dei loro privilegi nonostante i pessimi risultati delle loro gestioni e che consente alle stesse banche di essere salvate con soldi pubblici in contrasto con altre realtà industriali.
E gli "euristi" sono per lo più componenti rilevanti di quell' establishment politico, economico e finanziario che ha contribuito alla costruzione sbagliata dell'euro, che nulla ha fatto per realizzare le riforme necessarie per consentire ai paesi europei di sostenere una moneta unica e per ridurre gli eccessivi ed insopportabili costi della politica e dell'amministrazione pubblica, che pretende di continuare ad avere ruoli di potere e, magari anche, di autolegittimarsi come portatore del cambiamento.

Dall'altro lato, invece, ci sono quelli che possono essere chiamati gli "euroici" termine con cui si intende definire coloro che pensano ad una reale affermazione dell'euro, con tutti i suoi possibili vantaggi (ma anche riconoscendo come limitare i naturali e possibili limiti), solo con un atteggiamento "eroico" - in termini di coragggio, di determinazione e di motivazione - per quanto riguarda la capacità di "visione" sulla prospettiva di governo che giustifica l'integrazione monetaria e per quanto riguarda la reale volontà di mettere in discussione l'esistenza degli attuali assetti economici ed istituzionali nazionali e comunitari, che sono diventati sempre più la causa di debolezza della moneta unica, per avviare senza preventive garanzie ed assicurazioni un processo di profonda e strutturale innovazione che consenta di rispondere con efficacia e successo alle grandi sfide della globalità e dei nuovi processi economici, sociali e culturali.
D'altra parte, l'atteggiamento "euroico" deve trovare fondamento nel coraggio e nella determinazione di saper mettere in discussione e di saper innovare, in primo luogo, le proprie posizioni acquisite, prima di chiedere ad altri i sacrifici ed i cambiamenti che sono necessari per rispondere alle istanze necessarie per affermare un sistema di reale integrazione monetaria. Si può convincere e motivare gli altri al cambiamento, ai sacrifici e alla competizione solo se si è i primi a dimostrare ciò che si chiede agli altri di fare. I grandi generali sono sempre stati quelli che hanno combattuto in prima fila con i loro soldati e non quelli che hanno preteso di condurre le battaglie stanno al riparo sulle colline o negli accampamenti.
Ed è quello che molti imprenditori, professionisti, manager ed altri operatori privati e pubblici stanno provando a fare nelle loro specifiche realtà, ed a cui bisogna guardare con attenzione, sostegno e riconoscenza per come cercano di mantenere in vita e a sviluppare le loro realtà anche in un contesto di grandi difficoltà e di crescente crisi economica e morale.

Pertanto, sarà solo quando ci sarà un atteggiamento "euroico" che si potrà pretendere che ci possa essere una vera capacità di governo ed una effettiva convinzione dell'opinione pubblica sulla prospettiva dell'euro. E gli "euristi" non si possono lamentare delle difficoltà di realizzare una compiuta e produttiva integrazione monetaria e della crescente antipatia nella società verso questo obiettivo perchè essi stessi sono causa di questa situazione e se non sono in grado di cambiare è auspicabile che si facciano da parte per favorire il raggiungimento di ciò che, almeno a parole, dicono di voler sostenere.



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