SCdM Posts - Ma quale "cambio di verso"...la spesa pubblica continua a crescere !!!

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SCdM Posts - Ma quale "cambio di verso"...la spesa pubblica continua a crescere !!!

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Pubblicato da SCdM in SCdM Posts · 12 Maggio 2015
Così diceva Padoan prima di assumere il ruolo di Ministro dell'Economia....Articolo pubblicato il: 22/02/2014
"So che c'e' tanto lavoro da fare" ma la prima cosa da fare "e' una due diligence" sulla spesa pubblica. Lo spiega, al 'Sole 24 Ore', il neo ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, alla partenza da Sydney per andare a occupare la scrivania di Quintino Sella. D'altronde, aggiunge l'ex capo economista dell'Ocse, l'analisi della spesa da gestire "e' quello che devono fare tutti quelli che subentrano" in un incarico cosi' impegnativo.

(AdnKronos) - Nei prossimi cinque anni la spesa pubblica crescerà costantemente e salirà di oltre 101 miliardi di euro, arrivando oltre quota 864 miliardi. Tra il 2015 e il 2019, rispetto al 2014, le uscite del bilancio dello Stato subiranno, in totale, un incremento superiore al 12%. Questi i dati principali di una analisi del Centro studi di Unimpresa sulla finanza pubblica dell'Italia dalla quale emerge che la spending review non avrà effetti concreti sui saldi di bilancio nel prossimo quinquennio.
Il boom della spesa pubblica, sottolinea l'organizzazione, ''è legato esclusivamente alle uscite correnti'' (stipendi, pensioni, acquisti, appalti, forniture), ed è destinato a ''sterilizzare gli effetti positivi che si registreranno sul versante della spesa per interessi sul debito'' (bot e btp) in calo, complessivamente nell'arco dei cinque anni, di 30 miliardi (-40%). Resteranno stabili, invece, le uscite per investimenti (conto capitale) in aumenti lieve di 10 miliardi.

Secondo l'analisi, basata sui dati del Documento di economia e finanza approvato lo scorso 10 aprile dal governo, la spesa statale salirà anno dopo anno per arrivare a quota 864,1 miliardi nel 2019. Nel 2014, il bilancio si è fermato a 826,2 miliardi, nel 2015 aumenterà a 827,1 miliardi (+884 milioni), nel 2016 a 842,1 miliardi (+15,9 miliardi), nel 2017 a 844,6 miliardi (+18,3 miliardi), nel 2018 a 854,4 miliardi (+28,1 miliardi) e nel 2019 a 864,1 miliardi (+37,8 miliardi). Complessivamente nel quinquennio in esame la spesa pubblica salirà di 101,1 miliardi (+12,24).

"Nel giro di pochi anni -afferma il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi- sono stati cambiati tre-quattro volte i commissari alla spending review, ma i risultati dei tagli ai conti pubblici, annunciati sempre in pompa magna nelle conferenze stampa, non si vedono''. Secondo il presidente ''non ha senso cambiare le persone se manca la volontà politica di dare sforbiciate alle sacche di sprechi del bilancio dello Stato e della pubblica amministrazione in genere" commenta''. ''La politica economica del governo è sballata: il bilancio pubblico non si tocca, sul fronte degli sprechi, e non si incrementa, invece, la spesa produttiva, quella per le grandi opere pubbliche".

Tornando ai numeri, a incidere sugli incrementi, sottolinea Unimpresa, è la voce di bilancio "uscite correnti" (stipendi dipendenti pubblici, pensioni, forniture, appalti, acquisti) che nel 2014 si è attestata a 692,3 miliardi, nel 2015 salirà a 697,5 miliardi (+5,2 miliardi), nel 2016 a 707,2 miliardi (+14,8 miliardi), nel 2017 a 715,4 miliardi (+23 miliardi), nel 2018 a 725,7 miliardi (+33,4 miliardi) e nel 2019 arriverà a 737 miliardi (+44,6 miliardi): nell'arco dei cinque anni ci sarà un incremento di 121,3 miliardi (+17,5%).

Incremento che renderà vani i risparmi destinati a registrarsi sul fronte della spesa per interessi sul debito pubblico, vale a dire gli interessi pagati per i titoli di Stato: nel 2014 sono stati pagati ai sottoscrittori di bot, btp, cct e ctz 75,1 miliardi, mentre nel 2015 verranno pagati 69,3 miliardi (-5,7 miliardi), nel 2016 71,2 miliardi (-3,9 miliardi), nel 2017 69,2 miliardi (-5,9 miliardi), nel 2018 68,2 miliardi e nel 2019 67,6 miliardi (-7,5 miliardi).
In totale, il tesoretto derivante dalla minor spesa per interessi sul servizio del debito programmata dal governo è pari a 30,2 miliardi (-40,1%). In lieve crescita, la spesa per investimenti o in conto capitale: questa voce di bilancio nel 2014 si è fermata a 58,7 miliardi, nel 2015 si attesterà a 60,1 miliardi (+1,4 miliardi), nel 2016 a 63,7 miliardi (+4,9 miliardi), nel 2017 a 59,9 miliardi (+1,2 miliardi), nel 2018 a 60,4 miliardi (+1,6 miliardi) e nel 2019 a 59,4 miliardi (+724 milioni): in totale si registrerà, nel quinquennio, un aumento di 10 miliardi (+17,1%).

“Pur riconoscendo che gli effetti della crisi hanno contribuito a espandere alcune voci di spesa” spiega il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi “la tanto sbandierata spending review, purtroppo, non ha ancora sortito gli effetti sperati”. Niente da fare. Sono serviti a poco l’allungamento dell’età lavorativa voluto dalla riforma Fornero, il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, le spendig review ai Ministeri, alle Regioni, agli Enti locali e alla sanità: la spesa pubblica infatti continua a crescere.
E così a Palazzo Chigi il tema torna alla ribalta e il premier Renzi chiama Yoram Gutgeld e Roberto Perotti, economisti, per risolvere la questione. La Cgia di Mestre spiega che, tra il 2010 e il 2014, le uscite di parte corrente al netto degli interessi sul debito pubblico (costituite dalle spese per il personale, dai consumi intermedi, dalle prestazioni sociali) sono salite di 27,4 miliardi di euro, che risultano dunque in aumento: se infatti all’inizio di questo decennio l’incidenza era pari al 41,4 per cento, nel 2014 si è arrivati al 42,8 per cento. Lo scorso anno insomma la macchina pubblica è costata agli italiani 692,4 miliardi di euro. Nello stesso periodo poi gli investimenti sono nettamente calati, passando da 64,7 miliardi di euro del 2010, a 49,2 miliardi nel 2014, – 23,9 per cento.
“Senza una drastica e strutturale sforbiciata alla spesa pubblica improduttiva” coontinua Bortolussi, “è impensabile ridurre il carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese. Per questo, l’Esecutivo deve riprendere in mano il lavoro lasciato a metà dall’ex commissario Cottarelli e portarlo a compimento. Altrimenti, il rischio che dal 2016 scattino le clausole di salvaguardia, con il conseguente aumento dell’Iva, è sempre più concreto”.


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